30 APRILE
Durante il Monterosso Val d’Arda Festival, si terrà una rassegna delle migliori Malvasie di Candia Aromatica, della provincia di Piacenza. Acquistando il calice e l’apposita card, avrete la possibilità di degustare questo tipico vino piacentino.
Quest’anno saranno presenti le cantine:
Cantine del Monterosso Val d’Arda Festival
La Tollara
Villa Oppi
Camorali
Villa Rosalba
Casabella
Verdelli
Sartori
Loschi
La Conchiglia
Il Rintocco
La Pusterla
Cantine non partecipanti al Monterosso Val d’Arda Festival
Podere Pavolini di Graziano Terzoni
Cantina Vicobarone
Mossi 1558
Labrè
Banco comune del Malvasia
Casa Benna
Verdelli
La tosa
Bonelli
Casa benna
Ca rossa
Mossi
Campana
Vicobarone
Si svolgeranno inoltre due degustazioni legate al Malvasia di Candia.
Quando parliamo di Malvasia, a Piacenza, parliamo di Malvasia di Candia Aromatica, questo è certo, ma forse solo questo. Perché di sicuro tutta la Malvasia coltivata a Piacenza (e presente, in ben minori quantità, anche nelle provincie di Parma, Reggio Emilia e Pavia), tranne trascurabilissime eccezioni, appartiene a una delle diciassette varietà italiane iscritte col nome di Malvasia nel Registro Nazionale delle Varietà, cioè la Malvasia di Candia Aromatica: ma tutto il resto, la storia e soprattutto l’anima del vitigno, è ancora poco conosciuto. Destino del resto condiviso da tante altre grandi uve autoctone italiane.
Di sicuro i Colli Piacentini hanno avuto la fortuna di aver ricevuto in dono dalla natura e dai percorsi storici ed economici dell’uomo la più ricca e personale tra le diciassette varietà di Malvasia esistenti, per giunta incredibilmente versatile, potendo dare buoni e personali vini sia frizzanti, sia fermi secchi (o quasi), sia dolci passiti. Un’uva dotata di un corredo aromatico particolarmente ricco e complesso, tutto da annusare nel vino: ampio spettro di terpeni (responsabili degli aromi di arancio, cedro, limone, mandarino, rosa; simili ma non uguali agli omologhi presenti nel Moscato), frutta a profusione (pesca, albicocca più o meno matura, frutti tropicali, pompelmo), fiori idem (acacia, fresia, lavanda), note erbacee (le pirazine, presenti specie in alcuni biotipi e in alcuni terreni), salvia, note mielate, suggestioni speziate; minerale e idrocarburi quasi da Riesling, che si possono aggiungere durante l’evoluzione; fichi secchi, albicocca essiccata e canditi, i più spiccati profumi delle versioni passite. Come è ovvio, non tutti questi profumi si possono sentire contemporaneamente in un bicchiere di Malvasia, ma è impressionante la quantità di essi percepibile in molti vini, specie fermi (naturalmente più complessi dei frizzanti), provenienti da questo nostro vitigno. E comunque anche una Malvasia vivace, se ben vinificata, e quindi dal corredo aromatico dotato di finezza, può possedere una ricchezza, una complessità pur nella freschezza e nella semplicità di fondo, davvero inusuali in vini di questa tipologia.
La Malvasia di Candia Aromatica è generosa, per la quantità d’uva da lei prodotta: il più delle volte e al minimo due, con una frequenza non trascurabile tre e a volte, anche se raramente, quattro grappoli per tralcio (la maggioranza dei vitigni ne esprimono uno-due per germoglio). E grappoli dal peso medio-grande, per giunta. Questo, soprattutto se il suolo in cui questo vitigno viene coltivato è piuttosto fertile, significa mosto e vino piuttosto diluito, non particolarmente concentrato. Ma ciò dal punto di vista della struttura, della consistenza: non dell’aroma, essendo la Malvasia un’uva dalla buccia spessa (quindi con una quantità di aromi già per questo non indifferente, essendo questi ultimi presenti in genere nella buccia) e in più avendo, come il Moscato e come quasi nessun altro vitigno, una notevole presenza di sostanze aromatiche anche nella polpa. Quindi, anche un vino Malvasia piuttosto magro, non consistente, può avere un aroma spiccato ed intenso. Ed è per questo che in passato, e talora anche adesso, non si è avvertita molto la necessità di un severo controllo della quantità d’uva prodotta da questa pianta.
Sì, ma dal punto di vista della finezza e della maturità dei profumi, le cose, così, non funzionano. E siccome la qualità di questi ultimi credo sia un fattore qualitativo (mi si perdoni il bisticcio) ancor più della loro quantità, il primo lavoro da fare per noi, volendo produrre una Malvasia “diversa”, non frizzante e leggera ma ferma e ricca, fu ridurre drasticamente la produzione d’uva per pianta, grazie alla destinazione per questo vino di vigneti e, più spesso, frazioni anche piccole di vigneto, caratterizzati dal suolo più povero che si potesse avere in azienda; e, subito di seguito, grazie a potatura molto corta, a sfoltimento dei germogli, a diradamento dei grappoli particolarmente feroce. A proposito della tipologia di suolo che subito abbiamo avvertito come più adatto a questo tipo Malvasia, esso è proprio il tipico terreno, come si dice tradizionalmente dalle nostre parti, più da vini rossi che da bianchi.
(estratto da http://vinipiacentini.net )